INDENNITÀ DI FINE MANDATO AGLI AMMINISTRATORI:
TASSAZIONE SEPARATA E DEDUCIBILITÀ DEGLI ACCANTONAMENTI
il fisco, 11 / 2017, p. 1021
INDENNITÀ DI FINE MANDATO AGLI AMMINISTRATORI:
TASSAZIONE SEPARATA E DEDUCIBILITÀ DEGLI ACCANTONAMENTI
di Stefano Zanardi [*]
Il trattamento di fine mandato è spesso oggetto di controversie tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria in ordine alla tecnica impositiva. Il principale motivo di contestazione riguarda la mancanza della data certa anteriore all’inizio del rapporto da apporre sull’atto che riconosce il diritto all’indennità. L’avvento di nuove norme, conseguenza di innovative tecnologie informatiche, stravolge il contesto nel quale gli operatori e i giuristi lavorano. In questo contesto la condizione della data certa può benissimo essere provata con strumenti alternativi rispetto alla tradizionale registrazione o notifica con plico senza busta.
Riferimenti
Decreto Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917, Art. 17.
Decreto Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917, Art. 105.
Sommario: 1. Premessa – 2. Tassazione separata in capo al soggetto percipiente – 3. Deduzione dell’accantonamento in capo alla società erogante – 4. “Atto” e “data certa” – 5. La corretta tenuta dei libri sociali può dimostrare l’anteriorità del verbale? – 6. Conservazione digitale dei libri sociali e dei libri contabili – 7. Introduzione del LUL (libro unico del lavoro) – 8. Dubbi di incostituzionalità – 9. TFM di importo superiore al milione di euro – 10. Conclusioni
1. Premessa
Il legislatore del Codice civile, riguardo il rapporto di lavoro subordinato, detta all’art. 2120 la disciplina del trattamento di fine rapporto prevedendo in maniera assolutamente netta che, “in ogni caso di cessazione” del rapporto di lavoro, al lavoratore spetta il TFR; il Codice civile determina anche la modalità di calcolo dello stesso salvo condizioni di miglior favore previste dai CCNL.
Il trattamento di fine mandato non è invece previsto da alcuna norma lasciando alle parti la libertà nel riconoscimento dell’indennità.
Tale differente impostazione si riscontra anche nel dato normativo fiscale: l’art. 17 del T.U.I.R., rubricato “Tassazione separata”, riporta in due distinte previsioni le condizioni per la tassazione separata del TFR[1] e delle indennità percepite per la cessazione dall’ufficio di amministratore di società[2].
L’Amministrazione finanziaria, interpretando in maniera assolutamente restrittiva la condizione dell’atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto, contenuta nell’art. 17, comma 1, lett. c), del T.U.I.R., disconosce la tassazione separata in capo all’amministratore e, facendo un collegamento con l’art. 105, ultimo comma, disconosce altresì, in capo alla società erogante, la deducibilità delle quote annuali accantonate per competenza.
La disposizione in esame continua ad essere interpretata dagli organi verificatori senza considerare l’evoluzione tecnologica e normativa avvenuta nell’ultimo decennio. Ci si riferisce in particolare al riconoscimento del valore giuridico, anche a fini fiscali, dei documenti informatici creati attraverso tecnologie in grado di garantire l’autenticità e la data di formazione del documento. Manomettere oggi un documento informatico è praticamente impossibile; addirittura per il processo di dematerializzazione di libri sociali, in quanto originali unici, occorre l’intervento di un notaio o di un pubblico ufficiale.
Anche il libro unico del lavoro è frutto prima di tutto dell’evoluzione tecnologica; oggi è di fatto impossibile tenere il libro unico del lavoro senza strumenti informatici. Il LUL deve essere preventivamente vidimato oppure oggetto di vidimazione con lo strumento informatico utilizzato per la predisposizione dello stesso e preventivamente autorizzato dall’INAIL.
2. Tassazione separata in capo al soggetto percipiente
Analizzando il disposto normativo, ci si accorge immediatamente della condizione, riportata esclusivamente nella lett. c) dell’art. 17 del T.U.I.R., necessaria ai fini della tassazione separata dell’indennità in questione.
La condizione in esso prevista, “se il diritto all’indennità risulta da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto”, è assolutamente categorica. Evidentemente il legislatore ha da sempre ritenuto che la tassazione separata, per queste indennità, potesse essere foriera di possibili abusi; sappiamo come la tecnica di calcolo dell’imposta indicata all’art. 21 del T.U.I.R. (Determinazione dell’imposta per gli altri redditi tassati separatamente) possa essere, in molti casi, assai vantaggiosa per il percipiente rispetto all’applicazione delle aliquote IRPEF nel singolo periodo d’imposta in cui l’indennità viene pagata. Si spiega quindi la ragione per la quale il legislatore ha ritenuto opportuno inserire la condizione secondo la quale la tassazione separata deve per forza passare da un atto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto.
Si osserva inoltre che la tassazione separata ha la finalità di evitare una imposizione progressiva esagerata sull’indennità erogata in un determinato periodo d’imposta, ma riferita ad un a attività pluriennale.
3. Deduzione dell’accantonamento in capo alla società erogante
Mentre il compenso riconosciuto agli amministratori subisce la deroga al principio generale della competenza (ex art. 93, comma 5, del T.U.I.R.) che governa la determinazione del reddito d’impresa, l’accantonamento dell’indennità di fine mandato è deducibile secondo il principio della competenza giusto il disposto dell’ultimo comma dell’art. 105 del T.U.I.R. Ci si è posti comunque il dubbio della deducibilità per competenza della quota di TFM accantonata nel periodo d’imposta proprio in relazione al rimando normativo all’art. 17; l’Amministrazione finanziaria, con la risoluzione n. 211/E/2008, ha ritenuto che la condizione dell’atto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto sia necessaria anche per poter dedurre la quota imputabile all’esercizio per competenza; al venir meno di tale condizione, il componente negativo sarebbe imputabile tutto nell’esercizio di pagamento. Nell’argomentare la propria posizione, l’Amministrazione finanziaria effettua un collegamento tra l’art. 105 e l’art. 17, comma 1, lett. c) assolutamente non corretto in quanto l’ultimo comma dell’art. 105 dispone semplicemente che le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche alle indennità di fine mandato, ma non rinvia alla condizione dell’atto avente data certa. Sempre in tema di deducibilità degli accantonamenti, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 105 del T.U.I.R., occorre rilevare come la disposizione antielusiva della deducibilità per cassa del compenso amministratore (art. 95, comma 5) sia stata introdotta dopo la norma di cui all’art. 17, comma 1, lett. c); ciò conferma che il legislatore non ha voluto vincolare la deducibilità degli accantonamenti all’atto di data certa.
4. “Atto” e “data certa”
Andando oltre l’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria, peraltro spesso avallata dalla giurisprudenza[3], anche se si registrano pronunce di segno opposto[4], ci si deve chiedere, sotto il profilo giuridico, cosa è un “atto” e cosa è la “data certa”. Se prendiamo un qualsiasi manuale di diritto privato e cerchiamo la definizione di atto, troviamo che gli “atti giuridici sono gli atti umani consapevoli e volontari”[5]. Quindi non è possibile interpretare “l’atto” solamente come un negozio giuridico celebrato dinnanzi ad un notaio o ad un pubblico ufficiale, come spesso accade. L’atto giuridico è una specie del più ampio genere dei fatti giuridici i quali, “in base alla norma di diritto, concorrono a costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici. Nel loro ambito si distinguono i fatti in senso stretto (non dipendenti dalla volontà umana) e gli atti umani (dipendenti dalla volontà dell’uomo)”[6].
Per quanto riguarda invece la data certa, ci viene in aiuto l’art. 2704 del c.c., rubricato “Data della scrittura privata nei confronti dei terzi” il quale recita: “La data della scrittura privata della quale non è autenticata la sottoscrizione non è certa e computabile riguardo ai terzi, se non dal giorno in cui la scrittura è stata registrata o dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l’hanno sottoscritta o dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in atti pubblici o, infine, dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento”.
5. La corretta tenuta dei libri sociali può dimostrare l’anteriorità del verbale?
Posto che in relazione alla certezza della data deve farsi rinvio al diritto privato[7], analizzando l’ultima parte del primo comma dell’art. 2704 c.c., ci si potrebbe chiedere: il verbale di assemblea trascritto nel libro dei verbali di una società riportante la decisione assembleare di riconoscere un’indennità di fine mandato agli amministratori può essere considerato come atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto? Si ritiene che la risposta possa essere positiva al ricorrere delle seguenti condizioni:
a) il libro verbali delle assemblee deve essere preventivamente sottoposto, come previsto dal Codice civile[8], a preventiva vidimazione presso il registro delle imprese o presso un notaio[9];
b) nel libro verbali delle assemblee devono essere riportati, senza salti di pagine, cancellature e/o abrasioni, i verbali successivi rispetto a quello di decisione al diritto al TFM.
La sequenzialità dei verbali successivi, riportati nel libro preventivamente sottoposto a vidimazione, garantisce l’anteriorità della formazione del documento e quindi del verbale nel quale viene riconosciuto il trattamento di fine mandato. Il fatto poi che la norma preveda una data certa anteriore all’inizio del rapporto evidentemente considera che spesso l’amministratore, non essendo socio, non è nemmeno presente all’assemblea di nomina e pertanto l’inizio del rapporto giuridico si ha, non in sede di delibera assembleare, ma anche un’ora dopo, con l’accettazione della carica da parte dell’amministratore neo-nominato. Si ritiene che in caso di amministratore che sia anche socio della società la locuzione “anteriore all’inizio del rapporto” sia da interpretare come prescrizione di atto riconducibile alla data di inizio del rapporto.
6. Conservazione digitale dei libri sociali e dei libri contabili
Ci si chiede anche se, nel caso di conservazione digitale dei libri sociali ai sensi dell’art. 2215-bis del c.c., ai fini dell’applicabilità della tassazione separata, si debba comunque fornire la prova dell’atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto. Si ricorda che, essendo tali libri sociali considerati dall’art. 4, comma 2, del D.M. 17 giugno 2014 documenti originali unici, la relativa dematerializzazione, copiandone l’immagine su supporto informatico, deve essere autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Quindi pare assolutamente irragionevole pretendere ulteriori formalizzazioni posto che la data certa viene già apposta in fase di conservazione digitale dei libri sociali perlopiù sottoposti anche ad autenticazione di un notaio o altro pubblico ufficiale.
La stessa riflessione si potrebbe fare anche in presenza di scritture contabili conservate digitalmente. Infatti, posto che gli accantonamenti della quota annuale di TFM sono riportati nelle scritture di rettifica di fine esercizio e posto che il libro giornale conservato digitalmente riporta la data certa tramite l’apposizione di firma digitale e marcatura temporale, non si capisce perché si dovrebbero mettere in atto altri adempimenti puramente formali. Si ritiene che le scritture contabili conservate digitalmente diano prova ai sensi dell’art. 2704 del c.c. dell’anteriorità del fatto giuridico[10]. Non a caso il D.M. 17 giugno 2014, e la stessa Amministrazione finanziaria lo ha confermato con la risoluzione n. 4/E/2015, ha abrogato l’obbligo della trasmissione dell’impronta digitale all’Agenzia delle entrate. Il requisito dell’integrità del documento digitale è soddisfatto data l’estensione della durata delle marche temporali che è passata dai 3 ai 20 anni. Tali marche temporali vengono apposte, in sede di conservazione digitale, sui libri contabili.
7. Introduzione del LUL (libro unico del lavoro)
Altro aspetto di non poco conto riguarda l’istituzione, ad opera dell’art. 39 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, dell’obbligo di tenuta del libro unico del lavoro (LUL); si è dell’avviso che il problema della data certa possa venir meno posto che il consulente del lavoro, o l’ufficio paghe interno della società, che predispone il cedolino per il compenso dell’amministratore, indica nel cedolino stesso anche il figurativo della quota di trattamento di fine mandato maturata ogni mese; siccome il LUL, ai sensi del D.M. 9 luglio 2008, deve riportare una numerazione sequenziale (una sorta di protocollo) di ciascun foglio stampato, è scontato affermare che il cedolino paga (singolo foglio del LUL), con l’esposizione della quota figurativa del TFM maturata nel mese, crea quella condizione che è indicata nel primo comma dell’art. 2704 c.c.; poniamo infatti il caso di una delibera assembleare, datata 2 gennaio 2010, con la quale viene riconosciuto ad un amministratore il diritto a percepire un’indennità di fine mandato nonché un compenso annuo da pagarsi mensilmente; poniamo altresì che il foglio del LUL sul quale viene riportato il primo cedolino sia il numero 153. Chi predispone il cedolino per l’amministratore in questione predisporrà successivamente anche altri cedolini per altri dipendenti e magari anche per altri datori di lavoro (es. consulente del lavoro o commercialista) creando così una sequenza di numerazione, progressiva per data, del LUL che stabilisce in modo certo e inequivoco l’anteriorità, e quindi anche la data certa, della formazione del primo cedolino dell’amministratore senza possibilità di modificarne il contenuto. Se l’amministratore dovesse dimettersi in data 31 gennaio 2017, il LUL riporterebbe come prima pagina utile quella con una numerazione che sarà ben oltre la 153, confermando così la data certa del primo cedolino e di quelli successivi. Si rammenta altresì che la società dovrà comunicare all’INPS gestione separata, all’INAIL, ecc. l’inizio del rapporto con l’amministratore neo-nominato; in queste comunicazioni non deve essere indicato l’eventuale patto sul TFM, tuttavia si tratta di notifiche ad enti che provano in maniera assoluta la data di instaurazione del rapporto.
8. Dubbi di incostituzionalità
C’è anche un’altra questione non di secondo piano: la discriminazione che si viene a creare tra lavoratori subordinati, ai quali la tassazione separata del trattamento di fine rapporto è garantita senza alcuna formalità, e lavoratori parasubordinati (amministratori di società, collaboratori a giornali, e collaborazioni in genere compresi sindaci e revisori se l’attività non rientra tra quelle oggetto di lavoro autonomo) per i quali invece la tassazione separata deve passare, a pena di sottoposizione a tassazione ordinaria, da complicate procedure burocratiche. A tal proposito si ricorda che, in una vicenda per certi versi analoga, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 142/2014, ha dichiarato illegittimo l’art. 39 del D.L. n. 98/2011 per contrasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione; la questione riguardava, ironia della sorte, la categoria dei giudici tributari i quali hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale della norma anzi richiamata, nella parte in cui prevedeva che “I compensi corrisposti ai membri delle Commissioni tributarie entro il periodo di imposta successivo a quello di riferimento si intendono concorrere alla formazione del reddito imponibile ai sensi dell’art. 11 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”. Ebbene, la Consulta ha dichiarato incostituzionale la norma richiamando, tra l’altro, una propria precedente sentenza, la n. 431/1997, nella quale aveva “riconosciuto l’estensibilità di norme di favore laddove, in caso di piena omogeneità di situazioni poste a raffronto, lo esiga la ratio della disciplina invocata quale tertium comparationis”.
9. TFM di importo superiore al milione di euro
Si ricorda, per completezza, che l’art. 24, comma 31, del D.L. n. 201/2011, convertito nella Legge n. 214/2011 (Manovra Monti), ha previsto una deroga alla tassazione separata delle indennità di fine rapporto e mandato di cui all’art. 17, comma 1, lett. a) e c) nei casi di importi complessivamente eccedenti il milione di euro; si prevede per tali fattispecie una tassazione ordinaria nell’anno di percepimento. La norma è stata successivamente oggetto della circolare n. 3/E del 28 febbraio 2012 nella quale l’Agenzia delle entrate ha preso posizione su diversi aspetti controversi. Prima di tutto ha chiarito che la disposizione si limita a escludere l’applicazione del regime di tassazione separata alle tipologie di redditi di cui alle lett. a) e c) anzi richiamate per la sola parte eccedente l’importo di 1 milione di euro; inoltre, in caso di anticipazioni erogate negli anni precedenti rispetto alla risoluzione del rapporto, si devono considerare tali importi ai fini del calcolo del superamento del milione di euro. Non è stato chiarito nella circolare n. 3/2012 se, ai fini del superamento del tetto del milione di euro, si debbano considerare anche erogazioni di TFR e/o indennità percepite nella carriera lavorativa da diversi datori di lavoro/società/committenti; anche questo è un caso la cui legittimità costituzionale, ai sensi degli artt. 3 e 53, potrebbe essere in bilico.
10. Conclusioni
Risulta evidente che il dato normativo analizzato (art. 17 del T.U.I.R.), vecchio di oltre trent’anni, non è stato aggiornato rispetto all’evoluzione normativa e tecnologica intervenuta negli ultimi anni; tale immobilismo porta a diseguaglianze di trattamento fiscale assolutamente contrarie ai principi dettati dalla carta costituzionale, e a dover espletare adempimenti inutili per poter accedere alla tassazione separata in capo al percettore e alla deduzione in capo alla società delle quote accantonate a bilancio. Si rammenta che l’art. 12 (Interpretazione della legge) delle Preleggi dispone: “Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”. L’interpretazione letterale è a servizio dell’interpretazione logica (l’intenzione del legislatore) nel senso che dalla prima si deve giungere alla seconda (punto d’arrivo); in questo caso, l’interpretazione logica porta a riconoscere che “l’atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto” può benissimo essere provato anche con mezzi alternativi rispetto al tradizionale verbale assembleare sottoposto a registrazione o a delibera presso un notaio.
Note:
[*] Consulente del lavoro in Parma.
[1] Art. 17, comma 1, lett. a).
[2] Art. 17, comma 1, lett. c).
[3] Cass., n. 4042/2015; Id., n. 18752 del 5 settembre 2014 che ha consolidato la precedente sentenza n. 10959/2007.
[4] Comm. trib. reg. di Perugia, sent. n. 207/03/2016; Comm. trib. reg. di Milano, sent. n. 1869/15/2014; Comm. trib. prov. di Brescia, sent. n. 90/1/12.
[5] A. Torrente – P. Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, 1990, pag. 158.
[6] P. Trimarchi, Istituzioni di diritto privato, Milano, 1998, pag. 62.
[7] La stessa Amministrazione finanziaria cono la circolare n. 10/E del 16 febbraio 2007 afferma che: “In proposito, si fa presente che il requisito della certezza della data si collega con la comune disciplina civilistica in materia di prove documentali ed, in particolare, con quanto previsto dagli articoli 2702-2704 del Codice civile sulle scritture private.
In particolare, l’art. 2704 del Codice civile contiene un elenco degli strumenti in base ai quali la data della scrittura privata non autenticata deve considerarsi certa e computabile riguardo ai terzi, da ritenersi, peraltro, non tassativo.
La norma sopr a citata, infatti, fa riferimento, tra l’altro, a qualsiasi ‘fatto’ che possa essere idoneo a stabilire l’anteriorità della scrittura.”.
[8] Art. 2421.
[9] Art. 2215 c.c.
[10] A. Russo, “Impugnabile il diniego tacito di agevolazione fiscale”, in il fisco, n. 31/2016, pag. 4775. La data certa dei documenti esibiti o prodotti nei confronti del Fisco: “Nell’alveo degli strumenti che assegnano al documento una data certa, si rammentano in via altrettanto esemplificativa: la marca temporale, cioè la vera e propria firma digitale del documento, generata da una Certification Authority e contenente le relative informazioni a una data e a un’ora certa; alla luce di ciò e ai sensi dell’art. 48, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (sostituito dall’art. 33, D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235), la data e l’ora di formazione, di trasmissione o di ricezione di un documento informatico, trasmesso mediante posta elettronica certificata sono opponibili ai terzi se conformi alle disposizioni di cui al D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68 ed alle relative regole tecniche. Da notare che l’invio, a mezzo di posta elettronica certificata (PEC), a se stesso di un documento digitale sembra possa pacificamente equivalere alla marcatura temporale, in quanto il certificato che viene apposto sul messaggio di PEC, oltre gli allegati, viene gestito da un sistema terzo”.
M. Piazza – G. D’Angelo, “La prova contraria per super are la presunzione di onerosità dei finanziamenti dei soci”, in Corr. Trib., n. 42/2013, pag. 3323. In tema di prova contraria per superare la presunzione di onerosità dei finanziamenti dei soci, gli Autori indicano quale strumento per apporre la data certa al documento la marca temporale e la posta elettronica certificata.
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